Modello Organizzativo

1.TAF ABRASIVI SPA
1.1 Profilo e attività
TAF Abrasivi, fondata nel lontano 1953 e situata a Monza (MB), è da sempre sinonimo di esperienza e professionalità nel mercato dei prodotti abrasivi. L’azienda si è distinta nel corso degli anni per la sua dedizione costante alla ricerca di soluzioni innovative e la capacità di soddisfare appieno le esigenze dei clienti.
2 La responsabilità amministrativa degli enti: cenni normativi
Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, avente ad oggetto la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche,delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica” (qui di seguito denominato il “Decreto”), ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità degli Enti, per illeciti amministrativi dipendenti da reato.
Si tratta di una particolare forma di responsabilità, nominalmente amministrativa, ma sostanzialmente a carattere afflittivo-penale, a carico di società, associazioni ed enti in genere, per particolari reati commessi nel loro interesse o vantaggio da una persona fisica che ricopra al loro interno una posizione apicale o subordinata.
Il Decreto costituisce un intervento di grande portata normativa e culturale in cui, alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato, si aggiunge quella dell’Ente a vantaggio o nell’interesse del quale lo stesso reato è stato perpetrato.
Le disposizioni contenute nel Decreto ai sensi dell’articolo 1, comma 2, si applicano ai seguenti “Soggetti”:

  1. enti forniti di personalità giuridica;
  2. società e associazioni anche prive di personalità giuridica.

Ai sensi del successivo comma 3, restano invece esclusi dalla disciplina in oggetto:

  1. lo Stato;
  2. gli enti pubblici territoriali;
  3. gli altri enti pubblici non economici;
  4. gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

La responsabilità è attribuibile all’Ente ove i reati, indicati dal Decreto, siano stati commessi da soggetti legati a vario titolo all’Ente stesso.
L’art. 5 del Decreto, infatti, indica quali autori del reato:

  • i soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale e coloro che esercitano di fatto la gestione ed il controllo dell’Ente (c.d. “soggettiapicali”);
  • i soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di soggetti apicali (c.d. “soggettisubordinati”).

Nelle ipotesi in cui il reato sia stato commesso da soggetti in posizione apicale, la responsabilità dell’Ente è espressamente esclusa qualora questo ultimo dimostri che il reato è stato realizzato eludendo fraudolentemente i modelli esistenti e non vi sia stato omesso o insufficiente controllo da parte dell’Organismo di Vigilanza all’uopo incaricato di vigilare sul corretto funzionamento e sulla effettiva osservanza del modello stesso.
Qualora il reato sia stato realizzato da un soggetto in posizione subordinata, l’Ente sarà responsabile ove la commissione del reato sia stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza. In ogni caso, è esclusa l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’Ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
L’Ente, inoltre, sarà responsabile unicamente nel caso in cui la condotta illecita sia stata realizzata dai soggetti sopra indicati “nell’interesse o a vantaggio della società” (art. 5, co. 1, D.Lgs. n. 231/01); pertanto, non risponderà nell’ipotesi in cui i soggetti apicali o i dipendenti abbiano agito “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi” (art. 5, co. 2, D.Lgs. n. 231/01).
Diversamente, la responsabilità è espressamente esclusa laddove l’Ente abbia adottato protocolli comportamentali adeguati (per il tipo di organizzazione e di attività svolta) a garantire lo svolgimento dell’attività stessa nel rispetto della legge nonché abbia individuato ed eliminato tempestivamente situazioni di rischio.

All’art. 9 del Decreto sono previste le sanzioni che possono essere inflitte all’Ente. Precisamente, esse sono:

  • le sanzioni pecuniarie.
  • le sanzioni interdittive.
  • la confisca.
  • la pubblicazione della sentenza.

Le sanzioni pecuniarie vengono applicate per quote in numero non inferiore a cento né superiore a mille. L’importo di una quota va da un minimo di € 258,00 ad un massimo di € 1.549.00 € e sono fissate dal giudice tenendo conto:

  • della gravità del fatto;
  • del grado di responsabilità dell’Ente;
  • dell’attività svolta dall’Ente per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti;
  • delle condizioni economiche e patrimoniali dell’Ente.

Le sanzioni interdittive, invece, elencate al comma 2, sono applicate nelle ipotesi più gravi ed applicabili esclusivamente se ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
– l’Ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale, ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione e vigilanza quando la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;
– in caso di reiterazione degli illeciti.

Le sanzioni interdittive sono:

  • l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
  • la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
  • il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  • l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
  • il divieto di pubblicizzare beni o servizi;
  • il commissariamento (art. 15, D.Lgs. n. 231/2001).

Inoltre, si precisa che le sanzioni interdittive, applicabili anche in via cautelare, possono avere una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni.

2.1 Le fattispecie di reato presupposto
L’ambito applicativo del Decreto, originariamente limitato agli artt. 24 e 25 della Legge, è stato successivamente esteso sia mediante modifiche dello stesso Decreto introdotte da provvedimenti legislativi successivi, sia mediante rinvii al Decreto stesso.
Per effetto di tali progressivi ampliamenti, il Decreto si applica ai seguenti reati, in forma consumata o, limitatamente ai delitti, anche semplicemente tentata:
– Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture;
– Delitti informatici e trattamento illecito di dati;
– Delitti di criminalità organizzata;
– Peculato, concussione, induzione indebita, a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione, abuso d’ufficio di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri;
– Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento;
– Delitti contro l’industria e il commercio;
– Reati societari;
– Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico;
– Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;
– Delitti contro la personalità individuale;
– Abusi di mercato;
– Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
– Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio;
– Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti;
– Altre fattispecie in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti;
– Delitti in materia di violazione del diritto d’autore;
– Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria;
– Reati Ambientali;
– Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
– Razzismo e Xenofobia;
– Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati;
– Reati transnazionali.
– Reati tributari;
– Contrabbando;
– Delitti contro il patrimonio culturale;
– Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici;

La responsabilità dell’ente non scaturisce, dunque, dalla commissione da parte dei soggetti appena individuati di qualsivoglia fattispecie criminosa, ma è circoscritta alla commissione di uno dei reati previsti dal Decreto, sopra indicati per famiglie di reato.
Ogni eventuale imputazione all’Ente di responsabilità derivanti dalla commissione di una o più delle fattispecie richiamate dal Decreto, non vale ad escludere quella personale di chi ha posto in essere la condotta criminosa.

2.1.1 I reati commessi all’estero
L’articolo 4 del Decreto stabilisce che gli enti rispondano anche dei reati commessi all’estero, alla duplice condizione che essi abbiano la loro sede principale in Italia e che ricorrano i casi e le ulteriori condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del Codice penale affinché il cittadino e lo straniero possano essere puniti secondo la legge italiana per reati commessi in territorio estero.
La norma stabilisce, altresì, che la responsabilità degli enti sia perseguita a condizione che nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto. La norma prevede, infine, che, nei casi in cui il colpevole sia punito a richiesta del Ministro della giustizia, si proceda nei confronti dell’ente solo a condizione che detta richiesta sia formulata anche nei confronti dello stesso.
Le regole stabilite dall’articolo 4 e dalle norme richiamate del Codice penale riguardano, unicamente, reati commessi in toto all’estero ad opera di soggetti aventi i caratteri di cui all’articolo 5, comma 1, del Decreto Legislativo 231/2001 ed appartenenti ad enti con sede principale in Italia. Inoltre, per buona parte delle fattispecie di reato comprese nella Sezione III del Capo I del Decreto citato, la punibilità di tali soggetti e dell’ente dipenderebbe dalla richiesta del Ministro della giustizia.
In sintesi, dunque, i presupposti necessari per l’applicabilità dell’art. 4 citato e quindi per la punibilità dell’ente ai sensi del Decreto per reati presupposto commessi all’estero sono:

  • il reo al momento dell’esercizio dell’azione penale deve trovarsi nel territorio dello Stato e non deve essere stato estradato.
  • il reato deve essere commesso all’estero dal soggetto funzionalmente legato all’ente;
  • l’ente deve avere la sede principale in Italia;
  • l’ente può rispondere nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 c.p.;
  • se sussistono i casi e le condizioni indicate sub 3), l’ente risponde purché nei suoi confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto;
  • nei casi in cui la legge prevede che il colpevole sia punito a richiesta del Ministro della giustizia, si procede contro l’ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti di quest’ultimo;

2.1.1 Esonero della responsabilità dell’ente
L’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001 prevede l’esonero della responsabilità per reati commessi da soggetti in posizione apicale ove l’Ente provi che, prima della commissione del fatto:

  • siano predisposti ed efficacemente attuati modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire la commissione dei reati;
  • sia istituito un organismo dell’Ente (c.d. “Organismo di Vigilanza”), con poteri di autonoma iniziativa e con il compito di vigilare sul funzionamento dei modelli di organizzazione;
  • il reato è stato commesso eludendo fraudolentemente i modelli esistenti;
  • non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza.
    Nel caso di reato realizzato da soggetto in posizione subordinata, invece, l’art. 7 del Decreto subordina l’esclusione della responsabilità dell’Ente all’efficace attuazione di un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a garantire, per il tipo di organizzazione e di attività svolta, lo svolgimento dell’attività stessa nel rispetto della legge ed a verificare ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.
    Il Decreto prevede, inoltre, che in relazione all’estensione dei poteri delegati ed al rischio di commissione dei reati, i modelli di organizzazione debbano rispondere alle seguenti esigenze:
    – individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati;
    – prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’Ente;
    – individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
    – stabilire obblighi di informazione da parte di tutti i dipendenti della società e di tutti gli altri soggetti alla stessa cointeressati (clienti, fornitori, partner, collaboratori a diverso titolo), nei confronti dell’Organismo di Vigilanza sui principali fatti aziendali e in particolare sulle attività ritenute a rischio;
    – introdurre sistemi disciplinari idonei a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.

3 Il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo: obiettivi e finalità
3.1 Approccio metodologico al Modello
Il presente Modello è stato costituito in linea con gli ultimi aggiornamenti del Decreto, con le Linee Guida e con le indicazioni emerse dalla giurisprudenza intercorsa ad oggi, ritenuta significativa per la realizzazione del Modello stesso.
Pertanto, il percorso per la sua realizzazione ha seguito le seguenti fasi:

  • analisi delle attività svolte nelle diverse aree aziendali al fine di individuare i rischi insiti con riferimento alle fattispecie di reato richiamate dal Decreto (c.d. “mappatura delle aree a rischio”);
  • valutazione dei presidi organizzativi e di controllo quali elementi mitigatori dei rischi di commissione dei reati identificati nella mappatura e descrizione dei piani d’azione volti al super amento o alla mitigazione delle criticità rilevate;
  • valutazione del “modello di governance” con particolare riferimento al sistema delle deleghe e delle procure, al fine di individuare ambiti di miglioramento delle stesse e più in generale del modello organizzativo;
  • predisposizione di suggerimenti di azioni di miglioramento del sistema di controllo interno nell’ottica del Decreto (ActionPlan);
  • identificazione e nomina di un c.d. “Organismo di Vigilanza” (di seguito anche “OdV”) – dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo e deputato a vigilare sul funzionamento, sull’aggiornamento e sull’osservanza del Modello e dei suoi elementi costitutivi ;
  • adozione del Codice Etico;
  • predisposizione di un sistema disciplinare interno volto a sanzionare le violazioni al Modello, al Codice Etico ed alle procedure interne;
  • individuazione delle procedure idonee a regolamentare le attività sensibili individuate.

Il Modello, così definito, si pone come obiettivo principale quello di configurare un sistema strutturato e organico di procedure e attività di controllo, volto a prevenire, per quanto possibile, la commissione di condotte idonee a integrare i reati contemplati dal Decreto (c.d. reati-presupposto).
Costituisce, inoltre, un valido strumento di sensibilizzazione nei confronti di tutti i dipendenti della Società e di tutti gli altri soggetti alla stessa cointeressati (clienti, fornitori, partner, collaboratori a diverso titolo), affinché seguano, nell’espletamento delle proprie attività, comportamenti corretti e lineari, tali da prevenire il rischio di commissione dei reati-presupposto.
3.2 Finalità del Modello
In sintesi, il Modello si propone le seguenti finalità:
– prevenire e ragionevolmente limitare i possibili rischi connessi all’attività aziendale, con particolare riguardo alla riduzione di eventuali condotte illecite;
– ribadire che la Società non tollera comportamenti illeciti, di qualsiasi tipo ed indipendentemente da qualsiasi finalità, in quanto gli stessi, oltre a trasgredire le leggi vigenti, sono comunque contrari ai principi etici cui la Società intende attenersi.
– determinare, in tutti coloro che operano in nome e per conto della Società, nelle aree di attività a rischio, la consapevolezza di poter incorrere in un illecito passibile di sanzioni, sul piano penale ed amministrativo, non solo nei propri confronti ma anche nei confronti della Società;
3.3 Struttura del Modello
Il Modello si compone delle seguenti parti:
– la Parte Speciale, che descrive nel dettaglio, con riferimento ai singoli processi, le attività sensibili, la valutazione/costruzione/adeguamento del sistema dei controlli preventivi, nonché i protocolli specifici relativi alle attività sensibili.
– la Parte Generale, che descrive i contenuti e gli impatti del D.Lgs. 231/01, i principi base e gli obiettivi del Modello, le sue modalità di adozione, diffusione, aggiornamento e applicazione, gli elementi del Modello stesso, i principi contenuti nel Codice Etico, i compiti dell’Organismo di Vigilanza, nonché la previsione del Sistema disciplinare;
3.4 Destinatari del Modello
Il Modello di TAF Abrasivi S.p.A. si applica:
– a coloro che svolgono, anche di fatto, funzioni di gestione, amministrazione, direzione o controllo nella Società o in una sua unità organizzativa autonoma;
– ai Dipendenti della Società, anche se all’estero per lo svolgimento delle attività;
– a tutti quei soggetti che collaborano con la Società in forza di un rapporto di lavoro parasubordinato, quali prestatori di lavoro temporaneo, agenti, interinali, ecc.;
– a coloro i quali, pur non appartenendo al personale della Società, operano su mandato o per conto della stessa (a titolo esemplificativo i consulenti, etc.);
– a quei soggetti che agiscono nell’interesse della Società in quanto legati alla stessa da rapporti giuridici contrattuali o da accordi di altra natura, quali, ad esempio, partner in joint-venture o soci per la realizzazione o l’acquisizione di un progetto di business.
Il Consiglio di Amministrazione, se del caso mediante un suo delegato, si coordina con l’Organismo di Vigilanza al fine di stabilire le eventuali ulteriori categorie di destinatari del Modello, in relazione ai rapporti giuridici ed all’attività svolta dagli stessi nei confronti della Società.
I soggetti ai quali il Modello si rivolge sono tenuti, pertanto, a rispettarne puntualmente tutte le disposizioni, anche in adempimento dei doveri di lealtà, correttezza e diligenza che scaturiscono dai rapporti giuridici instaurati con la Società.

Il presente documento costituisce regolamento interno della Società, vincolante per la medesima.
3.5 Approvazione, modifica e aggiornamento del Modello
I modelli organizzativi costituiscono, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 6, comma 1, lettera a), del Decreto, atti di emanazione del Consiglio di Amministrazione. Pertanto, l’approvazione del presente Modello costituisce prerogativa e responsabilità esclusiva del CdA.
Il Modello deve sempre essere tempestivamente modificato o integrato, da parte dell’Consiglio di Amministrazione, anche su proposta dell’Organismo di Vigilanza e comunque sempre previa consultazione dell’OdV stesso quando:
– siano sopravvenuti cambiamenti significativi nel quadro normativo, nell’organizzazione o nell’attività della Società;
– siano sopravvenute violazioni o elusioni delle prescrizioni in esso contenute, che ne abbiano dimostrato la non efficacia ai fini della prevenzione dei reati;
– in tutti gli altri casi in cui si renda necessaria o utile la modifica del Modello.

A tali fini, l’OdV riceve informazioni e segnalazioni in merito alle modifiche intervenute nel quadro organizzativo aziendale, nelle procedure e nelle modalità organizzative e gestionali della Società.
In ogni caso, eventuali accadimenti che rendano necessaria la modifica o l’aggiornamento del Modello devono essere segnalati dall’Organismo di Vigilanza, in forma scritta, all’Consiglio di Amministrazione, affinché questi possa eseguire le delibere di sua competenza.
Come peraltro chiarito dalle Linee Guida, il CdA, pur con l’istituzione dell’OdV ai sensi del Decreto, mantiene invariate tutte le attribuzioni e le responsabilità previste dal Codice Civile e dallo Statuto della Società, alle quali oggi si aggiungono quelle relative all’adozione e all’efficace attuazione del Modello nonché al funzionamento dell’OdV stesso.
3.6 Attuazione del Modello
L’adozione del presente Modello costituisce il punto di partenza del processo di conduzione dinamica del Modello stesso.
Per la fase di attuazione del Modello, l’Consiglio di Amministrazione, supportato dall’Organismo di Vigilanza, sarà responsabile dell’implementazione dei vari elementi del Modello ivi comprese le procedure operative.
In ogni caso, la Società intende ribadire che la corretta attuazione e il controllo sul rispetto delle disposizioni aziendali e, quindi, delle regole contenute nel presente Modello, costituiscono un obbligo e un dovere di tutto il personale e, in particolare, di ciascun Responsabile di Direzione/Funzione/Servizio o Ufficio cui è demandata, nell’ambito di propria competenza, la responsabilità primaria sul controllo delle attività, con particolare riguardo a quelle a rischio.
4 Mappatura delle aree a rischio
L’art. 6, comma 2, lett. a), del Decreto dispone che il Modello deve prevedere un meccanismo volto a “individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati”.

L’individuazione degli ambiti in cui può sussistere il rischio di commissione dei reati implica una valutazione dettagliata di tutti i processi aziendali, volta a verificare l’astratta configurabilità delle fattispecie di reato previste dal Decreto e l’idoneità degli elementi di controllo esistenti a prevenirne la realizzazione. Da questa analisi scaturisce un documento aziendale denominato “Mappatura delle aree a rischio” (di seguito denominato “Mappatura delle aree a rischio” o “Mappatura”).
Tale analisi è volta ad assicurare il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
– individuare le Direzioni/Funzioni aziendali che, in considerazione dei compiti e delle responsabilità attribuite, potrebbero essere coinvolte nelle attività “a rischio reato”;
– individuare gli elementi di controllo posti a presidio dei rischi-reato individuati.
– specificare le fattispecie di reato ipotizzate;
– specificare le concrete modalità realizzative del reato astrattamente ipotizzato;
5 Reati rilevanti per TAF ABRASIVI
In considerazione della struttura e delle attività svolte dalla Società, sono state individuate come rilevanti le seguenti famiglie di reato:

  • Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture;
  • Delitti informatici e trattamento illecito di dati;
  • Delitti di criminalità organizzata;
  • Peculato, concussione, induzione indebita, a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione, abuso d’ufficio di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri;
  • Reati societari;
  • Delitti contro la personalità individuale;
  • Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
  • Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio;
  • Razzismo e Xenofobia;
  • Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria;
  • Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
  • Reati tributari;
  • Reati transnazionali.
  • Contrabbando;
  • Reati Ambientali;

Non sono stati considerati rilevanti per la Società:

  • Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento;
  • Delitti contro l’industria e il commercio;
  • Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico;
  • Delitti in materia di violazione del diritto d’autore;
  • Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;
  • Abusi di mercato;
  • Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti;
  • Altre fattispecie in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti;
  • Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati;
  • Delitti contro il patrimonio culturale
  • Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici.

    in quanto la Società non svolge attività in cui gli stessi possano essere commessi, né appaiono configurabili, in caso di loro commissione, l’interesse o il vantaggio della stessa.

6 Il Modello Corporate Governance
Si definisce Corporate Governance l’insieme di strumenti, regole, relazioni, processi e sistemi aziendali finalizzati ad una corretta ed efficiente gestione e controllo dell’impresa, intesa come sistema di compensazione fra gli interessi dei soci di minoranza, dei soci di controllo e degli amministratori di una società.
La struttura della Corporate Governance esprime quindi le regole con cui si articolano i processi decisionali in un’azienda, le modalità con cui vengono decisi gli obiettivi aziendali nonché i mezzi per il raggiungimento e la misurazione dei risultati raggiunti.
TAF Abrasivi S.p.A. adotta un assetto di Governance tradizionale, con la presenza di un Consiglio di Amministrazione e di un Collegio Sindacale, i cui membri vengono nominati dai Soci.
Nello specifico, di seguito, si trattano i diversi attori presenti nel sistema organizzativo e di controllo adottato dalla Società, specificandone i ruoli e le interrelazioni anche tramite il rinvio a specifici documenti.
Assemblea dei Soci
L’Assemblea dei Soci è competente a deliberare, in sede ordinaria e straordinaria, sulle materie alla stessa riservata dalla legge o dallo Statuto. Le delibere sono formalmente verbalizzate.

Consiglio di Amministrazione
Il Consiglio di Amministrazione della Società possiede i poteri formalizzati nello Statuto. Tutti gli aspetti relativi alle modalità di nomina, dei requisiti, delle modalità di remunerazione etc. sono disciplinate all’interno del documento sopra citato, cui si rinvia.
Il Consiglio di Amministrazione è composto da 4 membri, tra i quali viene nominato un Presidente del Consiglio di Amministrazione.
La carica ha durata non superiore a 3 esercizi secondo la determinazione che viene fatta dell’assemblea all’atto della nomina e sono rieleggibili
L’organo amministrativo è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società con facoltà di compiere tutti gli atti ritenuti opportuni per il conseguimento dell’oggetto sociale, esclusi soltanto quelli riservati all’assemblea dalla legge.
Presidente del Consiglio di Amministrazione
Al Presidente del Consiglio di Amministrazione sono attribuiti, oltre al potere di rappresentare la società di fronte ai terzi, tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione ivi compresi quelli di aprire e chiudere conti correnti bancari e postali ed effettuare con firma libera tutte le relative tutte le relative operazioni senza limite di somma a valere sulle disponibilità liquide o su concessioni di credito o comunque allo scoperto entro i fidi concessi. Il Presidente è stato individuato quale “datore di lavoro” e in quanto tale gli è attribuito il potere di occuparsi direttamente di ogni problematica relativa alla tutela dell’ambiente di lavoro e/o dell’ambiente esterno
Consiglieri di Amministrazione
Ai consiglieri delegati spetta la rappresentanza della società nei limiti dei poteri di gestione loro attribuiti in sede di nomina o con verbale del Consiglio di Amministrazione.
Collegio Sindacale
Il Collegio Sindacale è composto da 5 membri, di cui 3 effettivi (tra questi il Presidente) e 2 supplenti. Ai sensi dell’art. 2403 c.c., il Collegio Sindacale “vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo,amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”.

Il ruolo del Collegio Sindacale, ai sensi di legge, è dunque quello di controllo sull’amministrazione. In particolare, il Collegio Sindacale deve:

  • verificare che il Consiglio di Amministrazione agisca in modo informato;
  • verificare che il Consiglio di Amministrazione riferisca al Collegio sul generale andamento della gestione e sulle operazioni di maggior rilievo;
  • valutare, sulla base delle informazioni ricevute dagli organi delegati, l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della Società;
  • verificare che i piani strategici, industriali e finanziari siano redatti, quantomeno, in tutte le situazioni in cui appaia opportuno (giudizio di opportunità);
  • vigilare sull’effettivo esame da parte del Consiglio di Amministrazione in merito al funzionamento dell’OdV ex D.Lgs. n. 231/2001;
  • vigilare sul corretto funzionamento del sistema amministrativo-contabile, nei termini delle procedure e dei metodi adottati (schemi adottati, deposito e pubblicazione), ovvero della completezza e chiarezza delle informazioni fornite nella nota integrativa e nella relazione sulla gestione, e che i singoli processi del ciclo aziendale siano correttamente riflessi nel sistema amministrativo-contabile stesso. Si tratta, pertanto, di fornire la propria lettura sull’andamento della Società ed esprimere i propri rilievi sul modo in cui il bilancio dia conto di tale andamento. Spetta, altresì, al Collegio Sindacale un controllo di tipo analitico sulla generalità dei dati del bilancio e la loro corretta registrazione, giacché tale organo ottempera agli obblighi derivanti dall’incarico di revisione legale dei conti.

Per gli aspetti attinenti la nomina e il funzionamento del Collegio Sindacale e per tutto quanto non specificato in questo paragrafo, si rinvia a quanto definito nello Statuto.

6.1 Responsabilità organizzative e poteri autorizzativi
Come chiarito dalla Linee Guida Confindustria, il Sistema organizzativo deve essere sufficientemente formalizzato e chiaro, soprattutto per quanto attiene all’attribuzione di responsabilità, alle linee di dipendenza gerarchica e alla descrizione dei compiti, con specifica previsione di principi di controllo, quali per esempio la contrapposizione di funzioni.
La struttura organizzativa della Società è stata formalizzata in un organigramma che individua le linee di dipendenza gerarchica e i legami funzionali tra le diverse posizioni di cui si compone la struttura stessa.
Con riferimento al sistema autorizzativo, le Linee Guida di Confindustria richiedono che i poteri autorizzativi e di firma vengano assegnati in coerenza alle responsabilità organizzative e gestionali definite, prevedendo, quando richiesto, una puntuale indicazione delle soglie di approvazione delle spese, specialmente nelle aree considerate a rischio di reato, come previsto dalle deleghe e procure conferite.
6.1.1 Il sistema di deleghe e procure
Il Consiglio di Amministrazione della Società è l’organo preposto a conferire ed approvare formalmente le deleghe ed i poteri di firma. Attualmente tale sistema di deleghe e procure prevede poteri di rappresentanza, gestionali e di spesa solo in capo al Presidente del Consigliio di Amministrazione e ai Consiglieri Delegati.
6.1.2 Principi di controllo e procedure organizzative
La Società si dota di specifiche procedure volte ad assicurare il rispetto dei seguenti principi:
– “ogni operazione o transazione deve essere : verificabile ,documentata, coerente e congrua”.
Con tale principio la Società intende assicurarsi che, specialmente nelle attività risultate a rischio, sussista un adeguato supporto documentale (c.d. “tracciabilità”) su cui si possa procedere in ogni momento all’effettuazione di controlli. A tal fine, è opportuno che per ogni operazione si possa facilmente individuare chi ha autorizzato l’operazione, chi l’abbia materialmente effettuata, chi abbia provveduto alla sua registrazione e chi abbia effettuato un controllo sulla stessa. La tracciabilità delle operazioni può essere assicurata anche tramite l’utilizzo di sistemi informatici in grado di gestire l’operazione, consentendo il rispetto dei requisiti sopra descritti.
– “nessuno può gestire in totale autonomia un intero processo aziendale”.
Il sistema di controllo deve verificare se sussistano nella Società processi che vengano gestiti da un solo soggetto e, provvedere, in tal caso, a porre in essere le necessarie modifiche in modo tale da assicurare il c.d. principio di “separazione dei ruoli”. Tale requisito può essere garantito provvedendo ad assegnare a soggetti diversi le varie fasi di cui si compone il processo e, in particolare, quella dell’autorizzazione, della contabilizzazione, dell’esecuzione e del controllo.
Inoltre, al fine di garantire il principio di separazione dei ruoli, è opportuno che i poteri autorizzativi e di firma siano correttamente definiti, assegnati e comunicati in modo tale che a nessun soggetto siano attribuiti poteri illimitati.
– “i controlli effettuati devono essere documentati”.
Le procedure con cui vengono effettuati i controlli devono garantire la possibilità di ripercorrere le attività di controllo effettuate, in modo tale da consentire la valutazione circa la coerenza delle metodologie adottate (self assessment, indagini a campione, ecc.), e la correttezza dei risultati emersi (es. report di audit).
Inoltre, la Società stabilisce che devono essere assicurati in tutte le attività a rischio emerse dalla Mappatura, nonché in tutti i processi aziendali, i seguenti principi di controllo:
– garantire integrità ed etica nello svolgimento dell’attività, tramite la previsione di opportune regole di comportamento volte a disciplinare ogni specifica attività considerata a rischio;
– definire formalmente i compiti, le responsabilità di ciascuna funzione aziendale coinvolta nelle attività a rischio;
– attribuire le responsabilità decisionali in modo commisurato al grado di responsabilità e autorità conferito;
– definire, assegnare e comunicare correttamente i poteri autorizzativi e di firma, prevedendo, quando richiesto, una puntuale indicazione delle soglie di approvazione delle spese, quando richiesto, in modo tale che a nessun soggetto siano attribuiti poteri discrezionali illimitati;
– garantire il principio di separazione dei ruoli nella gestione dei processi, provvedendo ad assegnare a soggetti diversi le fasi cruciali di cui si compone il processo e, in particolare, quella dell’autorizzazione, dell’esecuzione e del controllo;
– regolamentare l’attività a rischio, prevedendo gli opportuni punti di controllo (verifiche, riconciliazioni, quadrature, meccanismi informativi, ecc.);
– assicurare la verificabilità, la documentabilità, la coerenza e la congruità di ogni operazione o transazione. A tal fine, deve essere garantita la tracciabilità dell’attività attraverso un adeguato supporto documentale su cui si possa procedere in ogni momento all’effettuazione di controlli. È opportuno, dunque, che per ogni operazione si possa facilmente individuare chi abbia autorizzato l’operazione, chi l’abbia materialmente effettuata, chi abbia provveduto alla sua registrazione e chi abbia effettuato un controllo sulla stessa. La tracciabilità delle operazioni è assicurata con un livello maggiore di certezza dall’utilizzo di sistemi informatici in grado di gestire l’operazione consentendo il rispetto dei requisiti sopra descritti;
– assicurare la documentabilità dei controlli effettuati. A tal fine le procedure con cui vengono attuati i controlli devono garantire la possibilità di ripercorrere le attività di controllo effettuate, in modo tale da consentire la valutazione circa la coerenza delle metodologie adottate e la correttezza dei risultati emersi;
– garantire la presenza di appositi meccanismi di reporting che consentano la sistematica rendicontazione da parte del personale che svolge l’attività considerata a rischio (report scritti, relazioni, ecc.);
– garantire l’affidabilità del reporting finanziario al vertice aziendale;
– garantire la presenza di appositi canali di comunicazione con l’Organismo di Vigilanza, il quale può richiedere informazioni e/o incontri con i singoli responsabili di funzione e con il personale dedicato allo svolgimento delle attività rilevate come sensibili ai sensi del D.Lgs. 231/2001;
– prevedere momenti di controllo e monitoraggio sulla correttezza dell’attività svolta dalle singole funzioni nell’ambito del processo considerato (rispetto delle regole, corretto utilizzo dei poteri di firma e di spesa, ecc.).
6.2 Il sistema di gestione delle risorse finanziarie
L’art. 6, comma 2, lett. c) del Decreto dispone che i modelli devono prevedere “modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati”.
Le Linee Guida di Confindustria raccomandano l’adozione di meccanismi di procedimentalizzazione delle decisioni che, rendendo documentate e verificabili le varie fasi del processo decisionale, impediscano la gestione impropria delle risorse finanziarie dell’ente.
Sempre sulla base dei principi indicati nelle suddette Linee Guida, il sistema di controllo relativo ai processi amministrativi e, in particolare, al processo di gestione delle risorse finanziarie si basa sulla segregazione dei ruoli nelle fasi chiave del processo, segregazione che è adeguatamente formalizzata e per la quale è prevista una buona tracciabilità degli atti e dei livelli autorizzativi da associarsi alle operazioni.
In particolare, gli elementi specifici di controllo sono così di seguito rappresentati:
– con riferimento alle operazioni bancarie e finanziarie la Società si avvale solo di intermediari bancari sottoposti ad una regolamentazione di trasparenza e di correttezza, conforme alla disciplina dell’Unione Europea;
– la gestione dei rapporti con gli Istituti di Credito è effettuata esclusivamente da soggetti autorizzati dalla Società, dotati di adeguati poteri formalizzati;
– sono stabiliti dei limiti all’autonomo impiego delle risorse finanziarie, mediante la definizione di soglie
– quantitative di spesa, coerenti con le competenze gestionali e le responsabilità organizzative aziendali;
– le operazioni relative alla gestione della piccola cassa sono adeguatamente registrate. Tali operazioni sono adeguatamente giustificate e riconciliate mensilmente;
– la gestione dei flussi finanziari è effettuata in maniera tale che vi sia segregazione delle funzioni tra chi impegna la Società nei confronti di terzi e chi autorizza o dispone il pagamento di somme dovute in base agli impegni assunti;
– le operazioni che comportano l’utilizzo o l’impiego di risorse economiche ora (non è stato sempre così in passato) hanno sempre una causale espressa, sono motivate dal soggetto richiedente e sono documentate e registrate, in conformità ai principi di correttezza professionale e contabile;
– la Società vieta i flussi sia in entrata che in uscita tramite denaro contante, salvo che per tipologie minime di spesa (piccola cassa);
– i pagamenti a terzi sono effettuati mediante circuiti bancari e con mezzi che garantiscano evidenza che il beneficiario del pagamento sia effettivamente il soggetto terzo contraente con la Società;
– gli incassi e i pagamenti della Società sono sempre tracciabili e documentabili;
– i pagamenti possano essere eseguiti solo se in linea con i termini contrattuali e solo dopo che il servizio è stato reso alla Società (salvo anticipi contrattualizzati);
– le spese sostenute tramite carte di credito aziendale sono periodicamente riviste attraverso l’analisi dei report dei movimenti sostenuti nel periodo di riferimento sulla base dei giustificativi di spesa.
7 Il codice etico
La Società, unitamente al Modello 231 ha adottato un Codice Etico, il cui fine ultimo consiste nella indicazionedelle regole di comportamento e dei valori etico-sociali di cui debbono essere permeati il comportamento della Società e dei destinatari del Codice in generale.
Il Modello presuppone il rispetto di quanto previsto nel Codice Etico, formando con esso un corpus di norme interne finalizzate alla diffusione di una cultura improntata all’etica ed alla trasparenza aziendale.
Il Codice Etico in tutte le sue future riformulazioni, si intende qui integralmente richiamato e costituisce il fondamento essenziale del Modello, le cui disposizioni si integrano con quanto in esso previsto.
Nel caso in cui una delle disposizioni del Codice dovesse entrare in conflitto con disposizioni previste nei regolamenti interni o nelle procedure, prevarrà quanto stabilito dal Codice.
L’inosservanza dei principi e delle regole di condotta contenute nel Codice comporta l’applicazione delle
misure sanzionatorie contenute nel Sistema Disciplinare aziendale previsto dal Modello.
8 Il sistema disciplinare
L’effettiva operatività del Modello deve essere garantita da un adeguato Sistema Disciplinare che sanzioni il mancato rispetto e la violazione delle norme contenute nel Modello stesso e dei suoi elementi costitutivi. Simili violazioni devono essere sanzionate in via disciplinare, a prescindere dall’eventuale instaurazione di un giudizio penale, in quanto configurano violazione dei doveri di diligenza e fedeltà del lavoratore e nei casi più gravi, lesione del rapporto di fiducia instaurato con il dipendente.
Il Modello costituisce un insieme di regole alle quali tutti i Destinatari dello stesso sono tenuti ad attenersi, in materia di norme comportamentali e di sanzioni: ogni sua violazione, pertanto, comporta l’applicazione del procedimento disciplinare e delle relative sanzioni. Tutto il personale dipendente di ogni ordine e grado (operai, impiegati, quadri e dirigenti) e legato alla Società da qualsiasi contratto di lavoro (full time o part time), con o senza vincolo di subordinazione (anche di natura parasubordinata) è tenuto al rispetto delle disposizioni contenute nel Modello.
Come anche chiarito dalla Linee Guida di Confindustria, la previsione di un sistema disciplinare e di meccanismi sanzionatori, deve essere differenziato in ragione delle varie tipologie di rapporti di lavoro esistenti (a titolo esemplificativo e non esaustivo, dipendenti, dirigenti, amministratori, collaboratori esterni) e, in caso di rapporto di lavoro subordinato, rispettare le procedure previste dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970), la legislazione speciale ed il principio di tipicità delle violazioni relativamente alle c.d. sanzioni manutentive del rapporto.
Requisito fondamentale delle sanzioni è la loro proporzionalità rispetto alla violazione rilevata, proporzionalità che dovrà essere valutata in ossequio a due criteri:
– la gravità della violazione;
– la tipologia di rapporto di lavoro instaurato con il prestatore (subordinato, parasubordinato, ecc.), tenuto conto della specifica disciplina sussistente sul piano legislativo e contrattuale.
L’OdV, qualora rilevi nel corso delle sue attività di verifica e controllo una possibile violazione del Modello, darà impulso al procedimento disciplinare contro l’autore della potenziale infrazione, dandone comunicazione all’Consiglio di Amministrazione al fine di valutare le opportune azioni da intraprendere.
8.1 Misure nei confronti di consulenti e fornitori
Ogni violazione da parte dei consulenti o dei fornitori delle regole di cui al Decreto e contenute anche nel Codice Etico agli stessi applicabili o di commissione dei reati nello svolgimento della loro attività è sanzionata secondo quanto previsto nella normativa vigente e nelle specifiche clausole contrattuali inserite nei relativi contratti.
Resta salva l’eventuale richiesta di risarcimento qualora da tale comportamento derivino danni concreti alla Società come nel caso di applicazione alla stessa da parte del Giudice delle misure previste dal Decreto.
9 L’organismo di vigilanza
9.1 Funzione
La Società istituisce, in ottemperanza al Decreto, un Organismo di Vigilanza, autonomo, indipendente e competente in materia di controllo dei rischi connessi alla specifica attività svolta dalla Società stessa ed ai relativi profili giuridici.
L’Organismo di Vigilanza ha il compito di sorvegliare costantemente:
– sull’osservanza del Modello da parte dei destinatari, come individuati nel paragrafo precedente;
– sull’effettiva efficacia del Modello nel prevenire la commissione dei reati di cui al Decreto;
– sull’attuazione delle prescrizioni del Modello nell’ambito dello svolgimento delle attività della Società;
– sull’aggiornamento del Modello, nel caso in cui si riscontri la necessità di adeguare lo stesso a causa di cambiamenti sopravvenuti alla struttura ed all’organizzazione aziendale, alle attività svolte dalla Società o al quadro normativo di riferimento.
9.2 Requisiti e composizione dell’organismo di vigilanza
L’Organismo di Vigilanza deve essere selezionato esclusivamente in base a requisiti di:
AUTONOMIA E INDIPENDENZA: l’autonomia e l’indipendenza dell’Organismo di Vigilanza costituiscono elementi chiave per l’efficacia dell’attività di controllo. I concetti di autonomia e indipendenza non hanno una definizione valida in senso assoluto, ma devono essere declinati ed inquadrati nel complesso operativo in cui sono da applicare. Dal momento che l’Organismo di Vigilanza ha compiti di verifica del rispetto, nella operatività aziendale, dei protocolli applicati, la posizione dello stesso nell’ambito dell’ente deve garantire la sua autonomia da ogni forma d’interferenza e di condizionamento da parte di qualunque componente dell’ente ed in particolare dei vertici operativi, soprattutto considerando che la funzione esercitata si esprime, anche, nella vigilanza in merito all’attività degli organi apicali. Pertanto, l’Organismo di Vigilanza è inserito nella struttura organizzativa della Società in una posizione gerarchica la più elevata possibile e risponde, nello svolgimento di questa sua funzione, soltanto all’Consiglio di Amministrazione. L’autonomia e l’indipendenza dell’Organismo di Vigilanza vanno determinate in base alla funzione svolta ed ai compiti allo stesso attributi, individuando da chi e da che cosa questi deve essere autonomo ed indipendente per poter svolgere tali compiti. Conseguentemente, il membro dell’OdV non deve rivestire ruoli decisionali, operativi e gestionali tali da compromettere l’autonomia e l’indipendenza. In ogni caso, i requisiti di autonomia e indipendenza presuppongono che il membro dell’OdV non si trovi in una posizione, neppure potenziale, di conflitto d’interessi personale con la Società. Inoltre, il membro dell’Organismo di Vigilanza non deve:
– essere coniuge, parente o affine entro il quarto grado dell’Amministratore della Società;
– trovarsi in qualsiasi altra situazione di palese o potenziale situazione di conflitto di interesse
PROFESSIONALITÀ: l’Organismo di Vigilanza deve possedere, al suo interno, competenze tecnico- professionali adeguate alle funzioni che è chiamato a svolgere. Pertanto, è necessario che in seno all’OdV siano presenti soggetti con professionalità adeguate in materia economica, legale e di analisi, controllo e gestione dei rischi aziendali. In particolare, l’Organismo di Vigilanza deve possedere le capacità tecniche specialistiche necessarie al fine di svolgere attività di controllo e consulenziale. Al fine di assicurare le professionalità utili o necessarie per l’attività dell’Organismo di Vigilanza, e di garantire la professionalità dell’Organismo (oltre che, come già evidenziato, la sua autonomia), è attribuito all’Organismo di Vigilanza uno specifico budget di spesa a disposizione, finalizzato alla possibilità di acquisire all’esterno dell’ente, quando necessario, competenze integrative alle proprie. L’Organismo di Vigilanza può così, anche avvalendosi di professionisti esterni, dotarsi di risorse competenti ad es. in materia giuridica, di organizzazione aziendale, contabilità, controlli interni, finanza e sicurezza sui luoghi di lavoro, ecc.;
CONTINUITÀ D’AZIONE: l’Organismo di Vigilanza svolge in modo continuativo le attività necessarie per la vigilanza sul Modello con adeguato impegno e con i necessari poteri di indagine. La continuità di azione non deve essere intesa come “incessante operatività”, dal momento che tale interpretazione imporrebbe necessariamente un Organismo di Vigilanza composto esclusivamente da membri interni all’ente, quando invece tale circostanza determinerebbe una diminuzione della indispensabile autonomia che deve caratterizzare l’Organismo stesso. La continuità di azione comporta che l’attività dell’OdV non debba limitarsi ad incontri periodici, ma essere organizzata in base ad un piano di attività ed alla conduzione costante di azioni di monitoraggio e di analisi del sistema dei controlli preventivi dell’ente.
Applicando tali principi alla realtà aziendale, alla luce della dimensione e della struttura della Società e tenuto conto dei requisiti di autonomia e indipendenza richiesti all’OdV, l’Organismo di Vigilanza è istituito in forma monocratica ed è composto da un membro esterno, dotato di professionalità, esperienza e di spiccata onorabilità.
Al fine di facilitare il conseguimento della continuità di azione, l’OdV sarà supportato da un flusso informativo e da un dialogo continuo con coloro che hanno una conoscenza approfondita della Società o che sono vicini alle aree sensibili applicabili alla stessa, in modo da poter avere pronti riscontri sull’efficacia del sistema di controllo interno adottato ed espresso nel modello organizzativo.
9.3 Requisiti di eleggibilità
Al componente dell’Organismo di Vigilanza è richiesto preventivamente di non trovarsi in alcuna delle
condizioni di ineleggibilità e/o incompatibilità di seguito riportate:
– essere stato sottoposto a misure di prevenzione disposte ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (‘Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli artt. 1 e 2 della Legge 13 agosto 2010, n. 136’);
– essere condannato, anche con sentenza non ancora definitiva o emessa ex art. 444 ss. c.p.p., anche se con pena condizionalmente sospesa, salvi gli effetti della riabilitazione per uno o più illeciti tra quelli tassativamente previsti dal D.Lgs. 231/2001;
– essere interdetto, inabilitato, fallito o essere stato condannato, anche con sentenza non definitiva, ad una pena che comporti l’interdizione, anche temporanea, da pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi.
Non potranno altresì essere nominati componenti dell’OdV coloro i quali abbiano ricoperto il ruolo di componente dell’OdV in una società in precedenza ritenuta responsabile di un reato rilevante ai fini 231 e nell’ipotesi in cui sia stata eccepita omessa o insufficiente vigilanza da parte dello stesso OdV.
Il verificarsi anche di una sola delle suddette condizioni comporta l’ineleggibilità alla carica di membro dell’OdV e, in caso di elezione, comporta la revoca dell’incarico attraverso delibera dell’Consiglio di Amministrazione. In tale ultimo caso, il Consiglio di Amministrazione provvederà altresì alla sostituzione dell’Organismo revocato.
9.4 Nomina, revoca, sostituzione, decadenza e recesso
Il Consiglio di Amministrazione nomina l’Organismo di Vigilanza, motivando il provvedimento riguardante la scelta del componente, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti di cui ai paragrafi che precedono, fondando tale decisione non soltanto sui curricula ma anche sulle dichiarazioni ufficiali e specifiche raccolte. Inoltre, il Consiglio di Amministrazione riceve una dichiarazione che attesti l’assenza dei motivi di ineleggibilità di cui al paragrafo precedente.
Dopo l’accettazione formale del soggetto nominato, la nomina è comunicata a tutti i livelli aziendali, tramite comunicazione interna.
L’OdV rimane in carica per un massimo di tre anni rinnovabile automaticamente, con possibilità di rinuncia da ambo le parti adeguatamente comunicata prima della scadenza, in conformità alle decisioni del Consiglio di Amministrazione definite all’atto della nomina.
La revoca dell’incarico può avvenire solo attraverso delibera dell’Consiglio di Amministrazione per uno dei seguenti
motivi:
– la perdita dei requisiti di cui ai paragrafi precedenti;
– un grave inadempimento agli obblighi inerenti all’incarico affidato;
– la mancanza di buona fede e di diligenza nell’esercizio del proprio incarico;
– la mancata collaborazione con gli altri organi sociali;
– l’assenza ingiustificata a più di due riunioni societarie.

È fatto obbligo per l’OdV di comunicare al CdA la perdita dei requisiti di cui ai paragrafi precedenti.
Il CdA revoca la nomina dell’OdV non più idoneo e, dopo adeguata motivazione, provvede alla sua immediata sostituzione.
Costituisce causa di decadenza dall’incarico, prima della scadenza del termine previsto, la sopravvenuta incapacità o impossibilità ad esercitare l’incarico per qualsiasi motivo, compresa l’applicazione di una misura cautelare personale o di una pena detentiva.
Il componente dell’OdV può recedere in qualsiasi istante dall’incarico, previo preavviso minimo di tre mesi
con comunicazione scritta e motivata all’Consiglio di Amministrazione.
In caso di decadenza o recesso dell’OdV, il Consiglio di Amministrazione provvede tempestivamente alla sostituzione dell’OdV divenuto inidoneo.
9.5 Attività e poteri
Per l’espletamento dei compiti assegnati, l’Organismo di Vigilanza è investito di tutti i poteri di iniziativa e controllo su ogni attività aziendale e livello del personale, e riporta esclusivamente al Consiglio di Amministrazione.
I compiti e le attribuzioni dell’OdV non possono essere sindacati da alcun altro organismo o struttura aziendale, fermo restando che l’Consiglio di Amministrazione può verificare la coerenza tra l’attività in concreto svolta dall’Organismo e il mandato allo stesso assegnato. Inoltre, l’OdV, salvo prevalenti disposizioni di legge, ha libero accesso – senza necessità di alcun consenso preventivo – presso tutte le Funzioni e Organi della Società, onde ottenere ogni informazione o dato ritenuto necessario per lo svolgimento dei propri compiti.
L’Organismo di Vigilanza svolge le proprie funzioni coordinandosi con gli altri Organi o Funzioni di controllo esistenti nella Società. Inoltre, l’OdV si coordina con il CdA per tutti gli aspetti relativi all’implementazione delle procedure operative di attuazione del Modello. L’OdV può inoltre avvalersi dell’ausilio e del supporto del personale dipendente e di consulenti esterni, in particolare per problematiche che richiedano l’ausilio di competenze specialistiche.
L’Organismo di Vigilanza organizza la propria attività sulla base di un piano di azione annuale, mediante il quale sono programmate le iniziative da intraprendere volte alla valutazione della efficacia ed effettività del Modello nonché dell’aggiornamento dello stesso. Tale piano è presentato al CdA.
L’Organismo di Vigilanza, nel vigilare sull’effettiva attuazione del Modello, è dotato di poteri e doveri che esercita nel rispetto delle norme di legge e dei diritti individuali dei lavoratori e dei soggetti interessati, così articolati:
– svolgere o provvedere a far svolgere, sotto la sua diretta sorveglianza e responsabilità, attività ispettive periodiche;
– accedere a tutte le informazioni riguardanti le attività sensibili della Società;
– chiedere informazioni o l’esibizione di documenti in merito alle attività sensibili a tutto il personale
dipendente della Società e, laddove necessario, al CdA e al Collegio Sindacale;
– chiedere informazioni o l’esibizione di documenti in merito alle attività sensibili a consulenti, partner della Società e in genere a tutti i soggetti destinatari del Modello;
– verificare i principali atti societari e contratti conclusi dalla Società in relazione alle attività sensibili e alla conformità degli stessi alle disposizioni del Modello;
– proporre al titolare del potere disciplinare l’adozione delle necessarie sanzioni;
– nel caso di segnalazioni relative a violazioni del Modello o alla commissione di reati di cui al Decreto, svolgere
– adeguate verifiche;
– verificare periodicamente l’efficacia, l’effettività e l’aggiornamento del Modello e, ove necessario, proporre eventuali modifiche ed aggiornamenti;
– definire i programmi di formazione del personale nell’ambito delle tematiche sul D. Lgs 231/2001;
– redigere, con cadenza minima annuale, una relazione scritta all’Consiglio di Amministrazione, con i contenuti minimi indicati nel successivo paragrafo;
– nel caso di accadimento di fatti gravi ed urgenti, rilevati nello svolgimento delle proprie attività,
informare immediatamente il CdA;
– coordinarsi col CdA al fine di individuare le tipologie dei destinatari del Modello in
relazione ai rapporti giuridici e all’attività svolta dagli stessi nei confronti della Società;
– verificare periodicamente l’efficace svolgimento della Formazione in merito al Modello.
9.6 Sistema dei flussi informativi da e verso l’Organismo di Vigilanza Reporting
1-dell’Organismo di Vigilanza agli Organi della Società
L’Organismo di Vigilanza ha l’obbligo di riferire al CdA, con due diverse modalità:
– su base continuativa, per specifiche esigenze, anche d’urgenza;
– su base annuale, tramite una relazione scritta che illustri le seguenti specifiche informazioni:
– sintesi dell’attività, dei controlli svolti dall’OdV nel periodo e delle risultanze degli stessi;
– eventuali discrepanze tra gli Strumenti di attuazione del Modello e il Modello stesso;
– eventuali nuovi ambiti di commissione di reati previsti dal Decreto, nonché in merito alla eventuale commissione di reati;
– segnalazioni ricevute da soggetti esterni o interni che riguardino eventuali violazioni del Modello e risultati delle verifiche riguardanti le suddette segnalazioni;
– valutazione generale del Modello e dell’effettivo funzionamento dello stesso, con eventuali
proposte di integrazioni e migliorie di forma e contenuto;
– eventuali modifiche del quadro normativo di riferimento;
– rendiconto delle spese sostenute.
Il CdA ha facoltà di convocare in qualsiasi momento l’OdV. Del pari, l’OdV ha, a sua volta, facoltà di richiedere la convocazione dell’Consiglio di Amministrazione per motivi urgenti. Gli incontri devono essere verbalizzati e copia dei verbali deve essere custodita dall’OdV e dai soggetti di volta in volta coinvolti.
L’Organismo di Vigilanza, inoltre, relaziona al Collegio Sindacale, almeno annualmente, in merito all’applicazione del Modello, al suo funzionamento, al suo aggiornamento e ai fatti o eventi rilevanti riscontrati. In particolare, l’OdV:
– segnala al Collegio Sindacale ogni carenza riscontrata in merito all’assetto organizzativo ed all’efficacie funzionamento delle procedure;
– riferisce sulle violazioni del Modello da parte dell’Consiglio di Amministrazione o di altri destinatari del Modello.

2- Reporting nei confronti dell’Organismo di Vigilanza
L’art. 6, 2° comma, lett. d del D. Lgs. n. 231/01, impone la previsione nel Modello di organizzazione, gestione
e controllo di obblighi informativi nei confronti dell’Organismo di Vigilanza.
L’obbligo di un flusso informativo strutturato è concepito quale strumento per garantire l’attività di vigilanza sull’efficacia ed effettività del Modello e per l’eventuale accertamento a posteriori delle cause che hanno reso possibile il verificarsi dei reati previsti dal Decreto.
In particolare, oltre alle informazioni specificatamente richieste nelle procedure aziendali, devono essere tempestivamente trasmesse all’OdV, da parte di tutte le funzioni aziendali, le informazioni aventi carattere di segnalazione/flusso tempestivo ovvero le informazioni/reportistiche su eventi e/o attività sensibili aventi cadenze periodiche.
Le informazioni fornite all’OdV mirano al migliorare le sue attività di pianificazione dei controlli e non comportano un’attività di verifica puntuale e sistematica di tutti i fenomeni rappresentati.
A tale proposito devono essere comunicate all’Organismo di Vigilanza le seguenti informazioni:
– su base periodica, le informazioni, dati, notizie e documenti che costituiscano deroghe e/o eccezioni rispetto alle procedure aziendali, previamente identificati dall’Organismo di Vigilanza e da quest’ultimo formalmente richiesti alle singole Direzioni/Funzioni (c.d. flussi informativi), secondo le modalità e le tempistiche definite dall’Organismo medesimo;
– nell’ambito delle attività di verifica dell’Organismo di Vigilanza, ogni informazione, dato, notizia e documento ritenuto utile e/o necessario per lo svolgimento di dette verifiche, previamente identificati dall’Organismo e formalmente richiesti alle singole Direzioni/Funzioni;
– su base occasionale, ogni altra informazione, di qualsivoglia natura, attinente all’attuazione del Modello nelle aree di attività ‘a Rischio-Reato”, nonché il rispetto delle previsioni del Decreto, che possano essere utili ai fini dell’assolvimento dei compiti dell’Organismo (c.d. segnalazioni).

L’Organismo di Vigilanza deve ricevere, altresì, i seguenti flussi informativi specifici:
– ogni fatto o notizia relativo ad eventi che potrebbero determinare la responsabilità dell’ente ai sensi dell’art. 6, commi 2-bis;
– l’avvio di procedimento giudiziario a carico di dirigenti o di dipendenti ai quali sono stati contestati
reati ai sensi del D.Lgs. 231/2001;
– le decisioni di apportare modifiche all’assetto societario;
– i provvedimenti e/o notizie provenienti dalla magistratura, da organi di polizia giudiziaria o da qualsiasi altra autorità, relative allo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, comunque concernenti la Società per i reati previsti dal Decreto;
– le notizie relative ai procedimenti disciplinari azionati con riferimento a violazioni del Modello e delle eventuali sanzioni irrogate, ovvero dei provvedimenti di archiviazione di tali procedimenti.

L’OdV adotta misure idonee per garantire la riservatezza dell’identità di chi trasmette informazioni all’Organismo stesso. Devono essere tuttavia opportunamente sanzionati comportamenti volti esclusivamente a rallentare l’attività dell’OdV. La Società garantisce i segnalanti in buona fede contro qualsiasi forma di ritorsione, discriminazione o penalizzazione e, in ogni caso, è assicurata la riservatezza dell’identità del segnalante, fatti salvi gli obblighi di legge e la tutela dei diritti della Società o delle persone accusate erroneamente o in mala fede.
Le segnalazioni ricevute e la documentazione gestita dall’OdV in genere sono conservate dall’OdV stesso in un apposito archivio, cartaceo o informatico. L’accesso a tale archivio è consentito, previa richiesta all’OdV ed autorizzazione da parte dello stesso, all’Consiglio di Amministrazione e al Collegio Sindacale, nonché ai soggetti autorizzati di volta in volta dall’OdV.
9.7 Whistleblowing
Al fine di facilitare il flusso di segnalazioni ed informazioni, la Società ha attivato, opportuni canali di comunicazione delle segnalazioni che garantiscono la riservatezza delle comunicazioni.
Le segnalazioni possono essere effettuate per iscritto:
– all’indirizzo di posta elettronica riservata all’Organismo di Vigilanza: organismodivigilanza@TAF Abrasivi.it;
– ossia ai sensi del D.Lvo 24/2023 attraverso l’apposito sistema di segnalazione interno
La gestione dei canali di segnalazioni è affidata a personale specificamente formato che agirà in modo da garantire i segnalanti contro qualsiasi forma di ritorsione, discriminazione o penalizzazione, assicurando altresì la riservatezza dell’identità del segnalante, fatti salvi gli obblighi di legge e la tutela dei diritti della Società o delle persone coinvolte, nonché la reputazione del/dei segnalato/i. Dovrà essere inoltre garantita la possibilità di mantenere l’anonimato del segnalante.
10 Formazione e diffusione del Modello
10.1 Comunicazione e formazione
In linea con quanto disposto dal D.Lgs. n. 231/2001 e dalle Linee Guida di Confindustria, la Società deve promuovere un’adeguata diffusione del presente Modello, al fine di assicurare che tutto il personale sia a conoscenza di tutti i suoi elementi.
Ogni eventuale modifica e/o aggiornamento del presente documento deve essere comunicata a tutto il personale aziendale mediante la pubblicazione sulla intranet aziendale.
È compito della Società attuare e formalizzare specifici piani di formazione, con lo scopo di garantire l’effettiva conoscenza del Decreto, del Codice Etico e del Modello da parte di tutte le Funzioni aziendali.
L’erogazione della formazione deve essere differenziata a seconda che la stessa si rivolga ai dipendenti nella loro generalità, ai dipendenti che operino in specifiche aree di rischio, all’Organismo di Vigilanza, ecc., sulla base dell’analisi delle competenze e dei bisogni formativi.
10.2 Informativa ai collaboratori e partner
La Società promuove la conoscenza dei principi e delle regole previsti dal Codice Etico e dal presente Modello anche tra i consulenti, le società controllate, i partner, i collaboratori a vario titolo, i clienti e i fornitori.
A tali soggetti verranno, pertanto, fornite apposite informative e predisposti meccanismi per l’inserimento e l’accettazione di clausole contrattuali specifiche che le varie funzioni aziendali, per le rispettive competenze, provvederanno a inserire negli schemi contrattuali di riferimento.